Hai aiutato la nonna con le borse, ma si è rivelata essere la tua vicina d’infanzia

Quella sera, Sebastiano aveva fretta. Dopo una lunga giornata, desiderava soltanto quiete, una tazza di tè e una coperta calda. All’entrata del palazzo, notò una donna anziana con due borse pesanti. Stava in piedi, leggermente inclinata, come se stesse raccogliendo le forze per salire le scale. L’ascensore, per sfortuna, era di nuovo fuori servizio.

Passò oltre, poi si fermò. Tornò indietro.
— Posso aiutarla? — chiese con riserbo.

La donna alzò lo sguardo. Caldo, attento, un po’ stanco.
— Grazie, giovane uomo. Non mi aspettavo che qualcuno se ne accorgesse.

Sebastiano prese le borse. Erano pesanti — patate, barattoli, qualcosa avvolto nella carta. Salirono lentamente, su vecchi gradini che scricchiolavano un po’.

— A che piano?
— Al terzo. Prima abitavo al settimo, ma poi ho fatto cambio. Le vecchie ossa non amano le altezze, — sorrise la donna.

Alla porta, si fermò, cercando le chiavi. E improvvisamente lo guardò in un modo particolare.
— Aspetta… Non sei il figlio di Maria? Sebastiano? Dell’appartamento sopra il nostro?

Rimase immobile.
— Sì… E lei?..

— Io sono Emma. Quella che aveva il gatto da cui andavi sempre da bambino. Ricordi Bruno? Il gatto pigro grigio?

All’improvviso si ricordò: sì, c’era quel gatto, grande e imponente. Stava sempre sul davanzale e permetteva solo a lui di accarezzarlo — al ragazzo con il libro e le domande senza fine.

— Dio… certo. Lei mi dava sempre una mentina se mi lavavo le mani, — rise.

— E ti nascondevi da noi quando ti arrabbiavi con tua madre. Pensavamo che saresti diventato uno scrittore. O uno scienziato.

Arrossì.
— Sono diventato un informatico.

— Anche quello va bene, — annuì Emma. — L’importante è essere buoni. E questo, come dimostra la vita, è sempre più raro.

Rimasero lì in silenzio. Poi lei lo invitò a prendere un tè. Lui rifiutò — non per cortesia, semplicemente non voleva interrompere quell’attimo delicato, quasi magico, tra il passato e il presente.

— Ma verrò un’altra volta. Davvero, — disse. — E grazie per Bruno. È stato il primo che mi ascoltava senza interrompere.

Emma sorrise, e in quello sguardo c’era tanto calore che a Sebastiano si alleggerì il cuore. Come se qualcuno gli avesse delicatamente ricordato che le radici non sono solo un indirizzo, ma anche le persone che ti ricordano quando eri ancora qualcuno all’inizio.

Scendendo le scale più lentamente, quel giorno sembrò diverso. Perché da qualche parte al terzo piano c’era ancora Emma. Con il tè, i ricordi e quello sguardo speciale che solo i cuori gentili sanno conservare.

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