Raccoglieva giocattoli nella soffitta di una vecchia casa, finché non trovò un biglietto lasciato da un bambino molti anni prima

La casa in cui era entrato Martin era vecchia, ma piena di fascino. I pavimenti di legno scricchiolavano, le pareti conservavano l’odore del tempo, e la soffitta prometteva di essere un vero scrigno di ricordi. Martin l’aveva comprata dopo anni di affitti e sognava di trasformarla in un nido accogliente. Aveva deciso di lasciare la soffitta «per dopo», ma presto non aveva resistito — la scala lo chiamava.
Polvere, scatole, ragnatele. Vecchie valigie, cornici rotte, libri senza copertina. E soprattutto — giocattoli. Macchinine dalla vernice consunta, orsacchiotti, cubi di legno, soldatini. Tutti ricoperti di polvere, ma ancora così vivi. Martin iniziò a raccoglierli in una scatola, per poi pulirli e, magari, donarli a un centro di aiuto locale.
Quando sollevò una vecchia bambola con un vestito verde, da sotto cadde un foglio di carta ripiegato in quattro. La carta era ingiallita, ma piegata con cura. Martin l’aprì. La scrittura era infantile, le lettere — tremolanti:
> «Ciao! Mi chiamo Ben. Ho 7 anni. Se hai trovato questo biglietto, allora sei nella mia casa. Per favore, non buttare Tim (è il mio orso). Lui sa tutto. E ancora — se vedi il mio papà, digli che mi manca. Ho scritto questo mentre lui preparava la valigia. Mi ha detto che sarebbe tornato. Io lo aspetto. Tanto.»
Martin rimase immobile. Prese in mano un orsetto — proprio Tim, con un occhio cucito e una sciarpa di lana. Sembrava che il giocattolo conservasse ancora il calore di quelle piccole mani.
Ripose il biglietto al suo posto e scese. Quella sera scrisse un post in un gruppo locale: «Cerco Ben. Trovato biglietto nella soffitta di una casa in Ridgeview. La storia — è più importante degli oggetti». Non si aspettava una grande reazione, ma iniziarono ad arrivare messaggi.
Dopo un paio di giorni, gli scrisse un uomo: «Sono io, Ben. Ora ho 38 anni. Quella era la mia casa. Non ci torno da quando ero bambino. Posso venire?»
Si incontrarono. Martin lo aspettava alla porta con Tim tra le mani. Ben restò fermo a lungo, senza osare entrare. Poi fece un passo oltre la soglia. Nella soffitta osservava in silenzio. Sfiorava le scatole, come temendo di rompere qualcosa di prezioso.
— Lo aspettavo davvero, — disse. — Ogni giorno. Poi ho smesso. Ma, sembra, che una parte di me sia rimasta qui.
Prese il suo orsetto, lo abbracciò forte al petto e sorrise:
— Grazie per non averlo buttato.
Martin annuì soltanto. Sentiva che a volte un vecchio giocattolo e poche righe possono restituire a una persona qualcosa che credeva perso da tempo.
Da quel momento Tim stava su una mensola in basso. Pulito, ma ancora con un solo occhio. Sopra di lui — una cornice con il biglietto. Per non dimenticare: anche le cose dimenticate possono aspettare qualcuno.