La suocera continuava a suggerire a mio marito che nostro figlio non fosse suo. Sono rimasta in silenzio finché un giorno non ho sentito che lo diceva al bambino stesso…

La suocera ha iniziato a fare delle allusioni a mio marito, insinuando che nostro figlio non fosse suo. L’ho scoperto per caso. Una sera, lui è tornato a casa con un’espressione strana, si è seduto al tavolo e ha taciuto. Ho chiesto cosa fosse successo, e lui mi ha detto:
– Mamma ha detto che nostro figlio non mi assomiglia per niente.

Inizialmente, non capivo nemmeno a cosa stesse alludendo. Poi ho realizzato: ecco, è iniziata. Onestamente, in quel momento mi fischiavano le orecchie. Non l’ho mai tradito, nemmeno con il pensiero, e ora vengo dipinta, attraverso la bocca di qualcun altro, come una donna infedele.

Ho subito detto:
– Se vuoi, domani stesso possiamo fare tutti i test che vuoi, DNA, qualsiasi cosa. Sono sicura al cento per cento.

Lui ha solo fatto un gesto con la mano:
– Io ti credo. Ti conosco. Ma lei non demorde.

Si è scoperto che sua madre stava già controllando da settimane le foto d’infanzia del bambino, confrontandole, sfogliando vecchi album, ripetendo sempre le stesse cose:
– Gli occhi non sono i tuoi, il carattere non è il tuo, guarda le orecchie, nella nostra famiglia non ce n’erano così.

Divertente e disgustoso allo stesso tempo. Ho deciso di non intromettermi. Ho pensato che fosse un adulto e che si sarebbe gestito da solo con sua madre. Inoltre, avevo comunque un certo rispetto per la suocera, nonostante fosse una persona difficile. Ma, come si è scoperto, avevo torto. Una cosa è sussurrare in cucina con il figlio adulto, un’altra è mettere idee in testa a un bambino.

Quel giorno le ho chiesto di stare con il nipote per un paio d’ore. Ho dovuto andare a sbrigare delle faccende, lui le vuol bene ed è sempre felice di vederla. Ha accettato volentieri, addirittura fin troppo felice. Ho portato mio figlio da lei, tutto sembrava normale: tè, biscotti, cartoni animati, chiacchiere inutili. Niente di sospetto. Tornando a casa, ho anche pensato: forse sto esagerando, forse si preoccupa solo davvero.

La sera prendo mio figlio, è vestito, nutrito, sorride. Usciamo, ci dirigiamo a casa, e all’improvviso mi chiede:
– Mamma, nonna ha detto che papà non è il mio vero papà. È vero?

Mi sono fermata di colpo. La bocca era così secca che non riuscivo a parlare. Il bambino mi guardava seriamente, con preoccupazione negli occhi. Era ancora troppo piccolo per inventarsi una cosa del genere da solo. In quel momento ero così arrabbiata che tremavo. Con una persona adulta che consapevolmente avvelena la mente di un bambino.

Mi sono seduta accanto a lui proprio per strada, l’ho abbracciato e ho detto:
– Tesoro, non è vero. Hai un solo papà, e ti vuole tanto bene. A volte gli adulti dicono sciocchezze quando sono arrabbiati o feriti. Ma ricordati sempre: noi siamo la tua famiglia e tu sei il nostro figlio adorato.

Sembra essersi calmato, ma dentro di me c’era una tempesta che a malapena sono riuscita a trattenere fino a sera.

Quando mio marito è tornato dal lavoro, gli ho raccontato tutto parola per parola, come ha detto il bambino. Ho visto il suo volto cambiare: prima è diventato pallido, poi si è contorto, poi ha sospirato tra i denti:
– Chiaro.

Ha preso la giacca, le chiavi ed è uscito, senza nemmeno sbattere la porta. Ero seduta in cucina a pensare: adesso andrà a sistemare le cose, e o tornerà cambiato o non tornerà affatto. I minuti passavano come ore. Sentivo ogni suono nel condominio e sobbalzavo.

È tornato dopo un’ora. Si è seduto di fronte a me, ha fissato un punto e ha detto piano:
– Le ho detto che non vedrà più il nipote se aprirà ancora bocca su di te o su di noi. Sta piangendo, dice che sono un figlio ingrato. Ma non posso fare altrimenti. Quanto si può sopportare quando iniziano a danneggiare il bambino?

E in quel momento mi è dispiaciuto umanamente per lui. Dopo tutto, è sua madre. Gli fa male, ma si è schierato dalla nostra parte. Non dalla mia, ma dalla parte del bambino.

Di notte non riuscivo a dormire a lungo. Ascoltavo il respiro regolare di mio figlio e i movimenti di mio marito. Continuamente mi giravano in testa le scene delle riunioni familiari, delle cene insieme, le sue parole – «Vi voglio solo bene».
Voleva davvero il nostro bene quando insinuava che avessi partorito un figlio «non suo»? Voleva il nostro bene quando seminava questo schifo nella mente del bambino? Ho capito che no. Non si tratta di bene. È la mentalità di una persona ossessionata dal controllo, che non sa essere felice per la felicità di suo figlio ma vuole gestire la sua vita fino alla fine.

Il giorno dopo ha iniziato a chiamare e mandare messaggi, sostenendo che «non intendeva nulla di male», che «abbiamo frainteso tutto», che «il bambino ha travisato». Ma sapevo che il bambino non si sarebbe inventato una cosa del genere. E ora mio marito e io ci troviamo di fronte a una scelta: darle un’altra possibilità, lasciarla ancora entrare nella nostra vita e avvicinarsi a nostro figlio – o davvero allontanarla per proteggere la psiche del bambino, anche se questo farà male a tutti.

E quindi vi chiedo, come persone esterne alla situazione: se una nonna permette a se stessa di dire a un bambino che suo padre «non è reale», merita ancora di offendere per essere stata allontanata dal nipote, o è il momento di pensare a protezioni ben definite anziché al perdono?

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