Vivevo per lui, e lui viveva per due famiglie…

Anna adorava i momenti serali di pace. La calda luce della lampada da notte, il sommesso sussurro del figlio, la sua mano che stringeva saldamente l’angolo della coperta. La maggiore, Sofia, dormiva già nella sua stanza, ma Lucas quella sera non riusciva a prendere sonno.
— Mamma… — mormorò lui.
— Sono qui, piccolo, — sussurrò lei, accarezzandogli i capelli.
Anna uscì dalla stanza dei bambini, sorridendo. Tutto sembrava al suo posto… finché non notò sul comodino il telefono del marito. Lo schermo era illuminato. Un nuovo messaggio.
Non aveva intenzione di leggere. Gettò solo un’occhiata di sfuggita.
«Amore, avevi promesso di venire. Mi manchi».
Le dita si gelarono. Il cuore si fermò. Il messaggio successivo apparve da solo:
«Ho comprato quella lingerie… Ti aspetto».
Il codice del telefono lo conosceva. Lo condividevano, non l’avevano mai cambiato. Aprì. Il flusso di conversazioni la travolse come un’onda. Foto. Emoji. Voci. Confessioni.
«Sei il meglio che mi sia mai accaduto».
Lui scriveva così a lei. Un tempo. Prima dei figli. Prima delle preoccupazioni. Quando la guardava come se fosse il suo universo.
Anna posò il telefono. Non piangeva. Si sedette semplicemente accanto a lui sul letto. Lui dormiva, ignaro del fatto che in quel momento tutto dentro di lei stava crollando.
La mattina seguente — colazione, sorrisi. Lui beveva il caffè. Lei chiedeva quando sarebbe tornato.
— Tardi, abbiamo un incontro con i partner, — disse lui.
— Certo, — annuì lei, sapendo che i partner — erano Karina.
La sera, quando lui “si attardava”, Anna riprendeva in mano il telefono. Guardava, memorizzava. Foto da ristoranti, villaggi turistici. Parole d’amore.
Poi — la foto di un bambino. Un ragazzo di circa due anni.
«Il nostro piccolo sta già facendo i primi passi!»
Il mondo iniziò a girare.
Lui aveva un figlio.
Una seconda famiglia.
E tutto questo durava da più di un anno.
Anna non fece scenate. Pianificava. Divisione dei beni, protezione della sua parte, avvocato. Tutto con rigore, a sangue freddo. Poi — una cena. Senza bambini. Solo vino e due coperti.
— Cosa sta succedendo? — si sorprese lui.
— So tutto, — disse lei con calma. E mostrò le fotografie.
Tentò di difendersi, di negare.
— Non è come pensi.
— Davvero? Allora perché hai un figlio?
Anna posò i documenti sul tavolo.
— Ho trasferito la mia parte ai miei genitori. Se te ne vai — lo fai senza il mio contributo.
Diventò pallido.
— Non puoi…
— L’ho già fatto, — rispose lei e uscì.
All’inizio era spaventoso. Un appartamento in affitto, vuoto. I soldi stavano finendo. Il lavoro era fermo. Ma iniziò a piccoli passi. Un profilo sui social, progetti di design, idee. La prima a rispondere — un piccolo caffè. Poi — un appartamento. Poi — un boutique hotel. Dopo sei mesi riuscì a comprare una casa propria. Senza le ombre del passato.
Non seguiva cosa fosse successo a Karina o all’ex marito. Costruiva la propria vita. Da sola. Da zero. Per sé stessa.
Una sera qualcuno bussò alla porta.
Sulla soglia c’era una ragazza. Giovane, pallida.
— Sei Anna?
— Sì.
— Io… sono sua moglie. Sembra che tradisca anche me.
Anna guardò nei suoi occhi e lentamente spostò una sedia.
— Entra. Parliamo.
Perché a volte le donne dovrebbero stare insieme.